Cenni Storici
Intorno all’anno Mille, tutta l’Italia prese a ripopolarsi di nuovi centri abitati o di antiche città in fase di sviluppo: dalle regioni più meridionali (Sicilia, Calabria, Puglie) alle boscose pendici del Monte Cimino,alle paludi e alle vaste foreste demaniali delta Val Padana. Nel Sud, in particolare, sorsero numerosissimi gruppi di casolari; i gruppi di casolari già esistenti si trasformarono in à«pagià» o à«vicià»; i centri abitati minori diventarono centri di maggiori dimensioni detti à«castraà» o à«castellaà» o anche à«oppidaà». Crebbe altresì il fervore religioso. motivo per cui contemporaneamente, come nel Lazio così in Campania a in Puglia, furono erette nuove chiese e nuove cattedrali (le famose “cattedrali romaniche” ben note per il manto bianco delle loro pietre). Anche sulle colline dell’Alto Sannio verso l’anno Mille – nonostante le continue lotte tra i Bizantini della provincia (o “thema”) di Puglia e i Longobardi di Benevento – fu un pullulare di piccoli centri rurali, tutti muniti di difese e arroccati per lo più su elevate colline, dove evidentemente il timore delle scorrerie dei Saraceni aveva radunato e aggregato la gente già sparsa nei piccoli “pagi” o ” vici” o “casali”. Nuovi centri sorsero altresì ai confini tra il Sannio e la Puglia, dove – come or ora si è detto – continui erano gli scontri tra il principe longobardo di Benevento e il “catapano”, cioè il governatore bizantino delta Puglia.
Verso l’anno 1018, allorchè la Puglia era retta dal catapano Basilio Bojoannes, vennero costruite, tra Benevento e Siponto garganico, numerose fortezze a presidio della Daunia, che dal “catapano” veniva assumendo il nome di “Catapanata” (trasformatosi poi in “Capitanata”). Si legge nellaChronica di Leone Ostiense: à«In quella circostanza il suddetto Catapano Boiano, che già prima aveva costruito Troia nella parte superiore della Puglia, edificò anche Dragonara, Ferentino e Civitate, nonchè gli altri paesi che oggi si dicono comunemente Capitanata; quindi radunando abitanti dalle terre circostanti li rese popolosi. Fu in quel periodo che, sull’estremo costone di un aspro contrafforte dell’Appennino Campano, nell’ultimo lembo di terra sannita, sorse un centro abitato quasi proteso verso l’ampia vallata dove il fiume Fortore riceve da sinistra le acque del torrente Cervaro, nucleo abitato detto ancor oggi “Baselice”. Lo si può affermare con sicurezza sulla scorta del primo documento nel quale è riportato il nome del
centro, documento tuttora conservato a Troia, in provincia di Foggia. E il nome con ogni verosimiglianza ha avuto origine dal termine greco “basilikà”, (pronunzia: “vasilicà) cioè¨ “(Terra) appartenente al re”, con riferimento all’imperatore (o meglio al à«basileusà») d’Oriente di quel tempo, cioè a Basilio II; termine di poi latinizzato in “Basèlice” o “Basilica”; quindi italianizzato in “Basèlice”, “Basèlce” (con la trasformazione della “i” breve in “e”); infine volgarmente cambiato in “Vasèlice”, “Vasèlici”, “Vasèlce”, “Vasèuce”.
Con l’avvento dei Normanni, che regnarono sulle nostre contrade dal 1059 fino al 1189, ebbe inizio la storia documentata di Baselice. L’abitato assunse lentamente la struttura caratteristica dei centri del tempo: in alto, pressappoco verso il sud, il castello con le sue torri, il palazzo del feudatario, la porta (detta “porta da capo”); in basso, verso il nord a sinistra (per chi viene da ‘ porta da capo’) la chiesa con il suo portale romanico; accanto la porta (detta “porta da piedi”); quindi sulla destra la torre. Il piccolo centro prese come protettore S. Leonardo Abate, un santo francese, il cui culto fu introdotto in Italia dai nuovi Signori arrivati, cioè i Normanni.
Il primo documento riguardante la chiesa arcipretale di Baselice è del 1334-1335: si tratta di un provvedimento del re Roberto d’Angiò contro il feudatario Leonasio de Mastralibus (che possedeva metà del feudo di Baselice) in favore di Giacomo arciprete delle Chiesa di S. Leonardo. Il provvedimento a favore dell’ arciprete contro il feudatario che gli impediva di esercitare i suoi diritti, defraudandolo di frumento e di altri frutti, si ripetè subito dopo.
Il primo documento riguardante il clero di Baselice è del 1308-1310: il clero pagava in quel tempo tare 6 per le decime esatte.
(prof. Fiorangelo Morrone)